venerdì 17 giugno 2011

To my bee

Mio padre mi esortava sempre a guardare dritto davanti a me quando camminavo.
Purtroppo per lui, su di me ha esercitato un fascino più accattivante il consiglio di Paulo Coelho: camminare pianissimo e perdersi nei piccoli particolari che solitamente non notiamo.
Molte volte il mio viso è rivolto al cielo, agli alberi, alle nuvole, alle radici degli arbusti saldi e rassicuranti.
I miei occhi sono stati compagni di viaggio di foglie che decidevano di saltare, che era arrivato il momento di staccarsi dal ramo. Cadere ai miei piedi. Un tuffo nel vuoto.
A volte mi diverto a evitare le coscienziose formiche che vagano sperdute e affaticate.
Oggi, mi sono trovata a fissare il bordo del marciapiede e così, per caso, ho notato una dolce apina che piano piano, calma calma, si avvicinava al bordo.
Cicciottella e colorata, chissà cosa pensava di trovare oltre il marciapiede.
E chissà cos'ha sentito mentre un piede femminile decideva di deviare il suo percorso per schiacciarla.
Una danza macabra in cui il passo si allontana dalla linea dritta che stava disegnando e si posa con intenzione, con sufficienza e facendo spallucce, su una piccola vita che, piano piano e calma calma, voleva scoprire cosa ci fosse oltre il gradino.
Cara dolce apina. Oggi ho imparato che la cattiveria si nasconde anche sotto una scarpa di tela.
Non c'era alcun motivo perché tu venissi schiacciata, eppure adesso sei ancora lì, a un pelo dalla fine del tuo viaggio, appassita.
Mi dispiace che non saprai mai cosa ci fosse oltre il gradino. Mi dispiace che quando le scarpe hanno una scelta, decidono di schiacciare i più piccoli. Mi dispiace che nessuno sembri vivere lasciando vivere.
Apina bella, per quel che può valere, non te ne sei andata nell'indifferenza. Qualcuno oggi ha pianto per te e ha provato disgusto per quel gesto.
Le ho chiesto perché, ma non mi ha degnata d'uno sguardo. Ha continuato per la sua strada, con la tua ala spezzata sotto la scarpa.