Esiste una finestra abbastanza grande da poter contenere tutto il paesaggio di cui i suoi occhi sono affamati?
Non lo sa, ma non si lascia scoraggiare dai limiti imposti dal legno e dalla pietra. Abbatte la finestra con l'immaginazione e segue Lei per la città.
Cerca il suo riflesso sulle pozzanghere piene di foglie rosse e gialle. Sa che prima o poi la ritroverà, è una questione di spazio.
Si affretta a lasciare una traccia di sè per le strade, con istantanee degli stessi dettagli che era stata Lei a fargli notare. Entra nei locali senza prestare attenzione ai volti che lo circondano. Ordina un caffè, poi un bicchiere d'acqua; lascia fredde monete sul bancone, un'isntantanea e fa suo quel sapore amarognolo di temporaneo insuccesso.
Si accorge della pioggia sorprendendo delle goccioline sulle scarpe nere, come i capelli di Lei.
Da qualche parte dovrà pur essere: dentro qualche vestito, qualche scarpa, fuori da qualche pensiero. Illuminata da una particolare lampadina (chissà di che marca), di fronte a qualcuno o a qualcosa.
Non capisce. È tutto pronto da un pezzo: le sue certezze, la sua poltrona, la sua metà dell'armadio, lo spazzolino da denti, il cuore di Lui. Allora dove si è cacciata?
Forse è rimasta coinvolta in un incidente di percorso. Magari si è persa nei suoi pensieri e sta aspettando di ritrovare il filo.
In ogni caso si è fatto tardi. Bisogna rincasare, preparare la cena e guardare la tv.
domenica 18 novembre 2012
giovedì 1 novembre 2012
Ficus magnolioide
E improvvisamente sentì
pruderle ogni cosa. Una sorta di fastidio per tutto ciò che le
ricopriva il corpo. Si tolse gli occhiali, lanciandoli sul tavolo.
Come a lavarsi il volto, strofinò le mani sulla pelle. Emise un
pesante sospiro e cercò di cacciarvi dentro tutto quello che voleva
ignorare di quel giorno.
Ma i suoi
problemi erano intatti, protetti dalla loro intangibilità.
La lettera
giaceva adesso sotto il peso dei grandi occhiali in osso, continuando
a ripeterle quelle frasi nella mente. Erano macchie nere su un foglio
bianco, ma avevano avuto il potere di determinare il suo futuro.
Per quello
che ci è dato sapere, si trattava di una richiesta che lei non
sarebbe stata in grado di accontentare e da questa incapacità
sarebbero cambiate molte cose.
Ci voleva
aria. Prese la giacca, ma la lasciò ricadere sulla poltrona. Ritornò sui
suoi passi e rientrò in cucina. Usò la lettera per risparmiare al
marmo ulteriori macchie di caffè e attese che quest'ultimo fosse
pronto preparando con lentezza tazzina e piattino.
Si recò
alla finestra e fissò insofferente i passanti, gli alberi, le foglie
gialle al vento... il caffè!
Ciondolò
verso il fornello e spense il fuoco. Mescolò il liquido e ne versò
metà nella tazzina. Guardò le sue mani durante tutto il processo.
Afferrò il piattino e si diresse verso il pianerottolo.
Si accertò
di avere preso le chiavi e uscì dal palazzo. In cinque minuti arrivò
al parco e scelse la sua panchina preferita: quella davanti al ficus magnolioide.
Portò la
tazzina alle labbra, ma poco prima di bere si accorse del signore
che la stava fissando.
Decisa a non
permettere a niente di distrarla dai suoi pensieri, si risolse a
ignorarlo. Ma questi si alzò dalla panchina e le si avvicinò con
fare deciso.
Preparandosi
a dover rendere conto della sua decisione spostò la tazzina, ma il
signore non le rivolse la parola. Le si sedette accanto e aprì il
suo libro, tuffandosi nella lettura.
Le labbra
sfiorarono la tazzina e la voce dell'uomo si levò nell'aria, dolce e
confortante: “e fu allora che la signora Sharp decise di rincarare
la dose, obbligando Murley a fornirle un resoconto più dettagliato
della serata...”.
Gli occhi scorrevano sulla pagina, dettando la storia alla donna che, sorridente, prese a sorseggiare il caffè.
Gli occhi scorrevano sulla pagina, dettando la storia alla donna che, sorridente, prese a sorseggiare il caffè.
Iscriviti a:
Post (Atom)