lunedì 30 aprile 2012

B. fast

In cinque minuti, coi capelli arruffati e lo stomaco che brontola, prova a scrivere qualcosa.
Non importa cosa scrivi, l'importante è scriverlo prima che la tua mente prenda il controllo delle tue mani. Prima che la tua mente affoghi le tue parole nel marasma grigio che le circonda. Sale la marea, svelta, stai per rimanere senza fiato.
Ce la possiamo fare a vincere le nostre paure? A vincere noi stessi? Riusciremo mai a trovare la NOSTRA strada?
Sinceramente ci credo. Sinceramente no.
Sono combattuta fra quello che è e quello che dovrebbe essere. Quello che vorrei che fosse, quello che sarebbe stato se... mancano due minuti!!
Il mio sogno più grande è quello di combattere questo lato oscuro che mi si è schierato contro (cazzo, non avrò il tempo di rileggere, ECCO, attenta, ci prova!).
Sono io, dannazione, il nemico sono io. È quel lato di me che pensavo essere quello che conoscevo meglio, ma mi rendo conto che è quello che conosco di più perché è quello che più si è fatto sentire, e non nel mio interesse.
Tempo scaduto.

giovedì 19 aprile 2012

La sostenibile leggerezza dell'essere B.

Guardo il mondo da... una finestra su un albero dove la gente ubriaca lancia capi di vestiario.
Il poster alla mia sinistra mi dice di restare calma e tirare avanti, Rosie (the riveter) mi dice che possiamo farcela!
Una cifra è ruotata via, lasciando il passo alla successiva, pari, che con le sue rotondità mi dà uno strano senso di calma, del tutto irrazionale.
Ho 28 anni! E mi piace già. Bell'otto paciocco che mi guarda complice.
Mi sembra d'essermi messa in pari con l'universo, essendo pienamente consapevole di non essere nemmeno arrivata a metà strada. Però sono in pari, però no...
Ho lasciato dietro il dolore, il difetto corrosivo e ho tenuto il sorriso, l'ingenuità e il labiale melodico davanti allo specchio/pubblico pagante/grazie per l'Oscar (che stranamente assomiglia al mio shampoo).
Saltello per strada e batto le mani. Mi piego a guardare gli insetti e corro a chiamare la mamma se mi sento male.
Ascolto la gente e do dei consigli adulti, poi faccio le vocine buffe ai passanti animali e avvisto "scoiattolo!" senza vergogna.
Leggo libri che mai pensavo di poter neanche trascinare dentro casa mia. So usare gli elettrodomestici e cucino per lui.
Se mi chiedessero d'indicare il momento evolutivo, non saprei dove piazzare il dito, eppure lo sento.
Questo numero mi piace, mi sembra che sia stato mio da sempre! Mi sembra di averlo raggiunto.
Scusa per il ritardo, non sai che casino: è che sono dovuta nascere; mettere il dito in bocca alle elementari; l'apparecchio per rimediare al dito; mi son dovuta sbucciare le ginocchia tre volte nella stessa estate; ho dovuto giocare a nascondino; all'uomo nero; ho dovuto fare il dettato alle mie bambole. Mi sono dovuta arrampicare sui mandorli; scambiare martellate con mia cugina. Ho dovuto imparare a suonare il piano; a chiedere scusa; a innamorarmi del mio primo amore, che scriveva bigliettini e lettere d'amore, come avevo sempre sognato.
Poi, proprio quando pensavo di avercela fatta, ho dovuto imparare a destreggiarmi fra ali anatomiche e libertà da farfalla; a pregare in latino... guarda, che giornatina!
Ho dovuto essere interrogata dalla prof d'italiano che credeva che mi fossi inventata i miei due nomi proprii; poi ho dovuto portare il cane fuori; cadere dalle scale; imparare a tuffarmi di testa; a guidare.
Ho dovuto capire cosa fosse questa università di cui tutti van parlando e, come vedi, sono ancora in alto mare; ho dovuto piangere la morte del mio primo amore e ringraziare la vita per il mio amore punto e basta e insieme, siamo dovuti andare a vivere al nord, da bravi migranti meridionali. E, come se non bastasse, sono dovuta passare dagli Stati Uniti perché avevano dimenticato di ridarmi un pezzetto di cuore, ma hanno detto che ormai gli hanno dato un nome, si sono affezionati.
Ventotto fa un sorriso e placido esclama: "non ti preoccupare, sapevo che prima o poi saresti passata. L'importante è che adesso sei qui e che stai bene. Come va?"
'Na favola Ventotto, grazie d'averlo chiesto.